Il Vangelo non ci parla semplicemente di cosa è accaduto 2000 anni fa, non ci racconta un semplice episodio, ma ci fa conoscere Dio, il suo modo di agire, il suo amore per noi. In questo periodo portiamo nella mente e nel cuore tante domande miste a paure, preoccupazioni e delusioni. Forse siamo pure noi tristi, nonostante l’annuncio della risurrezione.
Il nostro Dio non ha rifiutato né rifiuta la fatica di starci accanto, anzi l’ha presa su di sé (cf Eb 4,15) e, oggi come in quella sera del primo giorno, si fa nostro compagno di viaggio, percorre la strada con noi, è pienamente coinvolto nella nostra vita. Nel contemplare questa scena, ci viene quasi di voltarci e scorgere la sua presenza accanto a noi.
I due discepoli parlano di ciò che è successo, sono rimaste deluse le loro attese: «Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele…», non riescono a darsi pace: “questo Gesù aveva dato ottime speranze e poi, invece, è finito in croce come tanti altri. Nulla di fatto: torniamo a casa!” Quando si è delusi, si lascia tutto e si torna indietro. E il cammino finora percorso? Rischiamo di perdere ogni cosa. Forse ne abbiamo fatto qualche volta esperienza.
I due discepoli sono così chiusi nei loro discorsi, nelle loro idee sul Messia (vittorioso, glorioso), nella loro delusione, nello sconforto che non riconoscono ancora il Risorto in questo viandante che si affianca. Hanno ricevuto pure l’annuncio della risurrezione: «Alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo», ma pure questo non li ha aperti alla novità di Dio.
Gesù usa tanta delicatezza: «Che cosa sono questi discorsi…?». Li fa parlare, ascolta il loro racconto, questi mettono fuori tutto ciò che portano nel cuore; chissà tra loro quante volte si son detti queste stesse cose, ma adesso si apre uno spiraglio, le raccontano ad un terzo che cammina con loro e condivide la fatica. Dio è colui che da sempre si mette in ascolto del suo popolo (cf Es 3,7-8). E Gesù, dopo aver dato loro una forte scossa, come fa un amico quando vede che non riesci ad uscire dalla tua angoscia: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!», «Cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui». Il loro vissuto, la loro vita è illuminata dalla Parola! Fa ripercorrere loro tutto il cammino che Dio ha fatto con il suo popolo, le sue azioni, le sue promesse, getta luce nella loro notte. «A quegli uomini impauriti e delusi rivela il senso del mistero pasquale: che cioè, secondo il progetto eterno del Padre, Gesù doveva patire e risuscitare dai morti per offrire la conversione e il perdono dei peccati (Aperuit illis 1 )». Qualcosa dentro di loro si smuove, ascoltano volentieri questo forestiero tanto da invitarlo a casa con quella bella espressione tradotta in diversi canti: «Resta con noi». Gesù accoglie l’invito, siede a tavola, entra nell’intimità familiare. Mentre sta a tavola, i due discepoli lo riconoscono nello spezzare il pane, nel gesto più alto del dono di sé che solo tre giorni prima si era consumato sulla croce. Sono adesso ricolmi di gioia anche se non lo vedono più come prima, ma la sua presenza nel dono del Pane è reale, riescono a leggere i movimenti del loro cuore: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». L’esperienza di un istante, trasforma la loro vita. E così da delusi e tristi, ripercorrono la stessa strada pieni di gioia e raccontano la loro esperienza agli Undici.
Questo è il modo di agire del nostro Dio: stare accanto, condividere la fatica, aprire la mente, riscaldare il cuore. Il risorto continua a fare questo, è con noi fino alla fine del mondo (cf Mt 28,20) e questa sua presenza la realizza anche attraverso noi suoi discepoli. Questo episodio è stato scelto come icona nel Sinodo dei giovani, «per comprendere la missione ecclesiale in relazione alle giovani generazioni» (Documento finale n. 4). Ognuno che si fa compagno di cammino di qualcuno, lo ascolta, prende a cuore la sua vita e lo illumina con la Parola e riscalda il cuore con la sua carità, rende presente Gesù.
In questo tempo di pandemia, dove chiusi in casa e bombardati da dati e notizie di contagi, dove la ripresa si prospetta più dura della quarantena, tutti abbiamo bisogno di un compagno di viaggio che sostiene la fatica del cammino, ci fa guardare al futuro con speranza e libera il cuore dal buio del pessimismo. Il Risorto sta camminando con noi. Certo, tutto ciò non si fa con semplici parole, infatti, Gesù ha spezzato e condiviso il pane, ha donato se stesso, così solo nella condivisione, nella com-passione, nel dono concreto, nel sostegno pieno fino a dare qualcosa di sé, si rende presente il Signore e possiamo tutti rialzarci e continuare in modo rinnovato il cammino.
In ogni celebrazione eucaristica viviamo il cammino dei due discepoli di Emmaus: mentre siamo radunati in assemblea, ognuno con i propri pensieri, preoccupazioni, gioie, paure, desideri e preghiere, il Signore viene in mezzo a noi nella persona del prete, alter Christus (riti di ingresso); ci fa ascoltare le Scritture, ci dona la sua spiegazione (liturgia della Parola), si fa conoscere nello spezzare il pane (liturgia eucaristica), ci nutre con il suo Corpo e il suo Sangue (riti di comunione), siamo inviati, in forza del dono ricevuto, ad annunciarlo vivo in mezzo a noi (riti di conclusione).
Ringraziamo il Signore per questo grande dono, nell’attesa di ritornare a celebrarlo tutti insieme in chiesa.
don Alfonso Lettieri