Assemblea sacerdotale. Popolo regale, gente santa

Pubblichiamo l’omelia del vescovo Antonio Di Donna pronunciata in Cattedrale la mattina del Giovedì Santo

Questa celebrazione è, nell’anno, la massima manifestazione dell’unità della chiesa locale di Acerra: l’unica eucarestia di questa mattina presieduta dal vescovo con il collegio dei presbiteri, dei diaconi e dei vari ministri, con i religiosi e le religiose, e con i fedeli laici.

Cristo sacerdote celebriamo stamattina, e dal Cristo sacerdote noi, il popolo sacerdotale. Non è una celebrazione per i soli sacerdoti, ma il soggetto è tutto il popolo di Dio pellegrino qui ad Acerra. L’assemblea sacerdotale, popolo regale, gente santa, come abbiamo intonato nel canto d’ingresso. L’assemblea sacerdotale nei suoi vari ministeri, a partire dal sacerdozio ministeriale fino al ministero dei laici.«Ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il nostro Dio e Padre». La frase che abbiamo ascoltato poco fa nella seconda lettura tratta dal libro dell’apocalisse, intanto significa una cosa molto elementare, non ancora assimilata in pieno dalla nostra coscienza cristiana: il compito sacerdotale di Cristo non si è trasferito su un gruppo di persone soltanto, i presbiteri, ma su tutto il popolo di Dio, è l’intero corpo dei battezzati che continua il sacerdozio di Gesù. il sacerdozio dei presbiteri si chiama ministeriale proprio perché al servizio del sacerdozio comune, di tutti i battezzati, sicché le parole che Gesù pronuncia nella sinagoga a Nazareth, che abbiamo ascoltato nel Vangelo e che noi troppo spesso abbiamo riservato ai soli ministri consacrati, fanno parte del corredo sacerdotale di tutto il popolo cristiano. E’ l’intero popolo di Dio, regno di sacerdoti perché continuatore del sacerdozio di Cristo, che deve dire: «Lo spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi e predicare l’anno di grazia del Signore».  Queste riflessioni, che dovrebbero essere chiare e assodate, possono ancora oggi provocare nei presbiteri il sospetto che si voglia attenuare l’importanza del loro ministero. Come pure in voi laici e laiche – così numerosi oggi: grazie, mi compiaccio per questa partecipazione dalle varie parrocchie della diocesi – più che un serio esame di coscienza rischiano di suscitare sterili rivendicazioni. E allora, per allontanare ogni equivoco, mi sembra opportuno – e l’ho scelto come tema di questo giovedì nella messa crismale del 2019 – rivolgere agli uni e agli altri, presbiteri e laici, e anche ai religiosi, una parola di incoraggiamento e di speranza.   «Cresimate i laici». Lo dico a voi, carissimi presbiteri, a cui accomuno religiosi e religiose, in quest’anno in cui molti parroci si avvarranno della facoltà di celebrare la cresima in parrocchia nella solennità di Pentecoste. Formate i laici, educateli alla fede: quell’olio e quel balsamo che stendete sulla fronte dei cresimandi fatelo scendere sul corpo intero di ogni cresimato, ripetendogli senza sosta: «Diventa quello che sei». Cresimate i laici, perché il crisma non venga mortificato con una vita cristiana spenta, la cresima si trasforma in sacramento dell’addio e tutto rimane come prima.Soprattutto cresimate i giovani: vi supplico, tanti di loro abbandonano la vita cristiana perché hanno la sensazione che essa consista nell’abbracciare un codice di comportamento e non invece lasciarsi abbracciare da una relazione d’amore con Gesù. Accade che educatori della fede comunichino regole e norme più che un incontro con il Signore e i fratelli: è più facile trasmettere norme che testimoniare la bellezza della fede, che è incontro, esperienza, evento, relazione d’amore con il Signore Gesù.  «Riconoscetene la dignità». Coinvolgete, valorizzate, impegnate di più i laici e le laiche delle vostre parrocchie, riconoscete i loro carismi, la loro missione. E’ vero, c’è stata in questi decenni, anche qui nella nostra chiesa di Acerra, una crescita di laici e laiche, avvenuta, lo dobbiamo riconoscere, anche per merito del vostro ministero: catechesi, volontariato, liturgia, pastorale familiare, pastorale giovanile, oratori e altri campi. Però, permettetemi, dobbiamo riconoscere che la nostra è ancora una chiesa troppo clericale, dove tutto o quasi dipende dal parroco, dal sacerdote o dal vescovo. Ricordate carissimi presbiteri che non avete la sintesi dei ministeri, ma il ministero della sintesi. Così recita il Vaticano II nel documento sulla vita e il ministero dei presbiteri: «Insieme a tutti i battezzati, i presbiteri sono fratelli tra fratelli, quali membra dello stesso e unico corpo di Cristo. I presbiteri – continua il concilio – devono riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, ascoltino volentieri il loro parere, non esitino ad affidare ai laici degli incarichi al servizio della Chiesa, lasciando loro libertà di azione e margine di autonomia, anzi invitandoli ad intraprendere attività anche di propria iniziativa».  Fuggite dalla piaga del clericalismo, che si esprime in un atteggiamento non paterno, ma padronale, nei confronti della parrocchia e delle persone. Ricordate Paolo: «Noi non intendiamo fare da padrone sulla vostra fede, noi siamo amministratori non padroni».I mali da evitare: limitarsi al minimo indispensabile, non siamo funzionari; lasciare prevalere l’organizzazione sulle relazioni umane; rifugiarsi talvolta nell’appartenenza a una realtà ecclesiale, dove ci sentiamo più a nostro agio, escludendone altre; l’essere diffidenti verso i laici dietro la frase: “non sono ancora maturi”; e soprattutto, guardarsi dalla paura di perdere il ruolo, accentrando tutto nelle proprie mani. Testimoni dell’assoluto. Anche voi, uomini e donne della vita consacrata, vivete la vostra testimonianza: non chiediamo particolari cose da fare a voi religiosi e religiose, ma che siate ciò che dovete essere nella Chiesa secondo il vostro carisma. Soprattutto: esercitate il carisma verso presbiteri e laici nei compiti preziosi di guide spirituali e compagni di strada.  Cresimate il mondo. Cari laici e laiche, prendete atto della dignità a cui il Signore vi ha chiamato assimilandovi alla sua missione sacerdotale: che avete per diritto nativo, in virtù del battesimo ricevuto, e non per gentile concessione di noi preti e vescovi.Riconoscete la vostra dignità: crescete nella fede e nell’amore al Signore, nutritevi della parola di Dio e dell’eucarestia, che i presbiteri vi amministrano. Abbiate coraggio, assumetevi le vostre responsabilità, rifuggite dalla tentazione della delega facile.Cresimate il mondo, perché la vostra indole è «secolare», e il vostro compito specifico è animare le realtà del mondo, dice il concilio, portare il vangelo nei difficili campi della famiglia, della scuola, del lavoro, dell’economia, della politica. Se non la fate voi, chi lo fa? Svegliatevi laici, non ambite a ricoprire ruoli che sono dei presbiteri, fuggite la tentazione di clericalizzarvi, non vi fermate a sterili rivendicazioni, amate il mondo: «Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito». Tocca a voi, solo a voi, annunciare lieti messaggi ai poveri, rimettere in libertà gli oppressi: riappropriatevi dei compiti che vi spettano, e a cui da sempre hanno dovuto supplire i chierici, per inettitudine vostra più che per loro prevaricazione.Certo, la vostra dignità sacerdotale non contempla necessariamente spazi all’interno del presbiterio, ma avete tutti gli spazi nelle piazze, nelle strade, nelle case, dove la gente vive, muore, soffre, piange, lavora.E se ce ne fosse bisogno, rifondate rapporti nuovi con presbiteri, riconciliatevi con i vostri parroci e sacerdoti. «I fedeli laici, dal canto loro, abbiano coscienza del loro debito nei confronti dei presbiteri, li trattino perciò con amore filiale, come pastori e padri, e condividendone le preoccupazioni siano loro di aiuto con la preghiera e con l’azione», dice lo stesso decreto del concilio citato prima.Amate i vostri presbiteri, carissimi laici e laiche. Certe volte essi rischiano di essere veramente gli ultimi, anche nella Chiesa: fraintesi dalla gente, non capiti dai familiari, trascurati dal vescovo, non omogenei al mondo. Amateli perché stanchi nel lavare i piedi a tutti, non trovano nessuno che li ricambi con la stessa tenerezza quando ne hanno bisogno.  Ci accompagni li spirito del Signore. Ricordate carissimi presbiteri: cresimate i laici. E voi laici: cresimate il mondo. Cattedrale di Acerra, 18 aprile 2019 Antonio Di Donna, vescovo