La Chiesa di Acerra «radunata dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» saluta don Pietro Cioffi, morto il 20 giugno a San Felice a Cancello. Nella Parrocchia di Santo Stefano a Cave, il vescovo Antonio Di Donna, l’emerito Giovanni Rinaldi, il presbiterio con i diaconi, e l’intero popolo di Dio si sono stretti la mattina del 22 giugno intorno alla salma del «fratello e sacerdote Pietro» per la celebrazione eucaristica. Parroco per lunghi anni di Santo Stefano a Cave e San Leonardo a Casazenca, in San Felice a Cancello, “don Pierino”, così conosciuto da tutti, è morto all’età di 88 anni.Nel «leggere la morte con la Parola di Dio» della liturgia, durante l’omelia monsignor Di Donna ha reso «grazie per i tanti benefici concessi al nostro fratello: la vita, la fede e la chiamata nel sacerdozio al servizio del popolo di Dio»; ha pregato per essere tutti «illuminati e confermati dalla Parola di Dio nella resurrezione del Signore e nostra»; e ha invitato a cercare «la consegna per la nostra vita».A partire dalla prima lettura del Libro della Sapienza, il vescovo ha elogiato don Pierino tra i «giusti nelle mani di Dio». Da «giusto», infatti, il sacerdote sanfeliciano ha vissuto «di fede», consegnandosi nell’obbedienza alla Parola di Dio, fino a spezzare «per lunghi anni il pane del Vangelo tra il popolo di Cave e Casazenca», con la celebrazione dell’eucarestia, amministrando i sacramenti e accompagnando tanti verso il Padre. Di questo «giusto amato e stimato», di questa «guida sicura», di questo «padre fermo e dolce» e «prete forte che credeva nel suo ministero», monsignor Di Donna si accorse subito, quando lo incontrò per la prima volta nel 2014, «senza preavviso», al Santuario di Sant’Angelo a Palombara, dedicato a San Michele Arcangelo (labbazia tanto cara a don Pierino che si erge su San Felice a Cancello), tanto da far sorgere al presule la domanda: «Se alla sua età è ancora così, chissà da giovane!». Dell’«amore profondo» di don Pierino «alle sue comunità di Cave e Casazenca», monsignor Di Donna si rendeva conto quando lo chiamava al telefono per informarsi sulle sue condizioni a Roma, «custodito fino alla fine con grande amore e dignità dai suoi familiari», in particolare dalla «signora Gina, per lui sorella madre e consigliera», che il vescovo ha ringraziato «a nome di tutta la Chiesa di Acerra». Per questo, nonostante le «perplessità» per i probabili «disagi» dovuti alla limitata capienza della Chiesa di Santo Stefano, il vescovo Di Donna ha deciso che la salma di don Pierino fosse portata «tra il suo popolo» e proprio in quella Chiesa venissero celebrati i funerali. Perché, ha detto, «un sacerdote non si appartiene, è della Chiesa e del popolo per il quale vive e muore in un legame che non si interrompe». E non a caso, pur vivendo gli ultimi anni della sua vita a Roma, accudito dai familiari, «per un disegno provvidenziale» don Pierino ha terminato i suoi giorni terreni nella sua San Felice a Cancello. Di «progetto del Signore» ha parlato anche monsignor Salvatore Petrella, sacerdote attualmente più anziano della diocesi e amico fin «da piccolo» del defunto: con non poca emozione egli ha detto che «don Pierino ha lavorato tanto non solo nella parrocchia ma anche nella scuola in particolare con i giovani nei suoi anni di insegnamento».Prendendo spunto dalla preghiera sacerdotale di Gesù al Padre nel Getsemani raccontata nel Vangelo di Giovanni, monsignor Di Donna ha indicato l’«unità con il Signore Gesù» quale «consegna per tutti noi» dalla testimonianza di vita di don Pierino, perché essa è il «motivo e il fondamento della nostra speranza». Noi infatti «apparteniamo al Signore» attraverso i «segni visibili» del Battesimo e dell’Eucarestia, e don Pierino in particolare è stato «unito al Signore capo e pastore attraverso l’ordinazione sacerdotale, e niente può più spezzare questo vincolo di unità, nemmeno la morte». E dunque la professione di fede: «Noi crediamo fermamente e annunciamo oggi che don Pierino appartiene a quelli che sono una cosa sola insieme con il Signore». E’ questa la nostra chiara e decisa risposta ai «dubbiosi e scettici». Perché «non sarebbe possibile credere in un Dio a metà, senza essere radicati, fino alla fine, nella nostra fede».Perciò, prima di impartire la benedizione finale, Di Donna ha invocato la preghiera per don Pierino, perché «il giusto pecca sette volte», ricordando che «anche lui continua a pregare per noi e in particolare per le sue comunità di Cave e Casazenca» in «una delle più belle verità della fede che è la comunione dei santi, tutti in Gesù uniti da un vincolo che non muore». Sicuri che «adesso tutti coloro che don Pierino ha accompagnato in vita alla Casa del Padre gli fanno festa in Cielo».E dunque la benedizione finale per intercessione di quel San Michele Arcangelo a cui don Pierino era particolarmente devoto.