I miei 10 anni in cammino

Monsignor Antonio Di Donna ripercorre l’episcopato: «Ha fatto tanto lo Spirito Santo»

Esattamente dieci anni fa, l’undici novembre del 2007, monsignor Antonio Di Donna veniva consacrato vescovo dal cardinale Crescenzio Sepe nella cattedrale di Napoli.
Dieci anni di episcopato, dei quali sei al servizio della Chiesa di Napoli in qualità di vescovo ausiliare e quattro come vescovo della diocesi di Acerra. Dieci anni di ascolto delle storie e delle attese della gente. Dieci anni in cammino per le strade del mondo, con gli uomini di buona volontà alla sequela di Gesù, in ascolto dello Spirito e sull’esempio di sant’Alfonso Maria de’ Liguori.
L’anniversario di episcopato è stato ricordato ieri sera con una solenne concelebrazione nella Cattedrale di Acerra.
Ripercorriamo insieme al presule un tempo di grazia e di impegno pastorale.

Eccellenza, se dovesse ricominciare daccapo…
Se dovessi ricominciare daccapo… vorrei essere più fedele a quello che sant’Alfonso delinea come compito del vescovo: predicare, pregare e dare udienza. Papa Francesco invita spesso i vescovi a «scavare in profondità per rintracciare quanto lo spirito continua a ispirare alla vostra sposa». Se dovessi ricominciare daccapo… vorrei prendere le cose non troppo sul serio. Mi spiego: che un vescovo non prenda sul serio i suoi doveri pastorali è cosa inconcepibile. Ma può accadere a un vescovo, a un parroco, a un prete di prendere le cose troppo sul serio. In vari sensi: primo, nel senso di portare l’attenzione soprattutto sulle difficoltà e sugli aspetti negativi e di vedere le une e gli altri con la lente d’ingrandimento; secondo, nel senso di lasciarsi prendere dall’agitazione, dall’affanno,di voler affrontare in blocco tutti o quasi tutti i problemi; terzo, di pensare con un po’ d’ingenua presunzione che tocchi proprio a me, il vescovo Antonio, governare la diocesi di Acerra dimenticando la sproporzione
incalcolabile che c’è fra quello che debbo o posso fare io e quello che fa lo Spirito Santo che ha posto i vescovi a reggere la Chiesa di Dio, che suggerisce loro ciò che devono dire e fare, che fa crescere il seme che noi abbiamo piantato e innaffiato anche quando dormiamo i nostri placidi sonni, secondo la breve parabola di Marco.

Se dovessi ricominciare daccapo… vorrei tener presente una massima familiare, se ben ricordo, a un delegato apostolico, poi cardinale. Cos’è dei nostri «problemi» su cui tanto ci affanniamo? Il 25 per cento si risolvono da sé e come per caso, un altro 25 per cento forse li risolviamo noi, e il rimanente 50 per cento resteranno sempre da risolvere (posso confondermi sulle percentuali, ma resta il senso di fondo).

Il vescovo uomo di preghiera. Se dovesse ricominciare daccapo
… Se dovessi ricominciare daccapo… vorrei ricordarmi più spesso dell’esortazione che mi ripete ogni martedì della seconda settimana il salmo 36: «Confida nel Signore e fa’ il bene: abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza. Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore. Affida al Signore la tua via, confida in Lui ed Egli agirà: farà brillare come luce la tua giustizia, il tuo diritto come il mezzogiorno. Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui».
Se dovessi ricominciare daccapo… vorrei drammatizzare meno le situazioni, vederle con maggior distacco e non lasciarmi facilmente turbare. Sia per non pregiudicare senza necessità le condizioni della mente, sia perché serenità e pace sono doni di Dio che bisogna conservare, sia perché quando si drammatizzano le cose minaccia di oscurarsi il vero senso dei problemi, si viene facilmente a mancare di carità e di pazienza verso il prossimo, come so di aver mancato non poche volte, facendo soffrire i fratelli.

Il vescovo uomo del dialogo. Se dovesse ricominciare daccapo…
«Se dovessi ricominciare daccapo… vorrei essere veramente uomo del dialogo. Vorrei essere veramente uomo del dialogo, che prima di tutto sa ascoltare con attenzione, con simpatia, senza fretta, con pazienza se è necessario (e molte volte è proprio necessario). Vorrei essere disponibile al dialogo con tutti: con i vicini e i lontani, con quelli che la pensano come me (allora il dialogo è facile) e con quelli che la pensano diversamente (e allora il dialogo è meno facile). Con quelli che stanno in alto e con quelli che stanno in basso, privilegiando i poveri e gli umili, perché così ha fatto il Signore.

Se dovessi ricominciare daccapo… vorrei insistere maggiormente nel dialogo con i preti. Qualcosa ho coscienza d’aver fatto o tentato, e spesso trovandovi motivo di conforto, di gioia, di mutuo incoraggiamento».
Qual è il rammarico più grande?
Se c’è un rammarico, tra i tanti in questi anni, il più grande è quello di non aver potuto rispondere a tutte le richieste delle persone, in particolare alle richieste di lavoro.
Certo, vescovo si diventa il giorno dell’ordinazione, ma si diventa giorno per giorno, come per un genitore non solo quando nasce il figlio ma quando lo si aiuta a crescere giorno per giorno. Un giorno don Tonino Bello, visitando una scuola, chiese ai fanciulli «Chi è per voi il vescovo?». Un ragazzo rispose: “È quello che fa suonare le campane”; ricordava che quando veniva il vescovo nella sua parrocchia suonavano le campane. Ecco, vorrei concludere così: vorrei essere quello che fa suonare le campane, un vescovo per la gioia e la speranza della gente.

Antonio Pintauro
Avvenire 12 Novembre 2017
 
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