San Gennaro ci protegga dai mali del nostro tempo

La cerimonia di offerta dell’olio per la lampada votiva a San Gennaro Il vescovo Antonio Di Donna: «Il nostro pellegrinaggio rafforzi l’unità tra le Chiese e il patrocinio di san Gennaro aiuti le città»

La Chiesa di Acerra – vescovo, presbiteri, diaconi, sindaci e soprattutto numerosi laici e laiche – ha salutato ieri sera la Chiesa madre di Napoli – il cardinale Crescenzio Sepe, i vescovi ausiliari e collaboratori – per l’offerta dell’olio destinato ad alimentare durante l’anno la lampada votiva che arde davanti a San Gennaro. E’ tradizione infatti – in occasione della festa del patrono della Campania – che ogni anno, alla vigilia, una diocesi della regione offra l’olio per la lampada votiva al santo vescovo e martire. E per quest’anno l’arcivescovo di Napoli e presidente della Conferenza episcopale campana, Crescenzio Sepe, lo ha chiesto alla diocesi di Acerra. La cerimonia è avvenuta ieri sera nel contesto di una piccola processione e nella celebrazione dei primi Vespri nella Cattedrale di Napoli.

«Tutta la Diocesi» di Acerra, rispondendo all’appello del vescovo Antonio Di Donna, si è «coinvolta in questo momento per invocare la protezione del santo martire sulla nostra terra». E proprio a san Gennaro il presule ha chiesto «nuovo slancio» e rinvigorito «zelo» perché la nostra Chiesa particolare di Acerra sia sempre più fedele alla propria «vocazione» di essere «sale e luce» per tutta la «Campania» attraverso il «nostro pellegrinaggio» per la donazione dell’«olio alla lampada votiva» del santo. Già dall’interno della Basilica di San Giorgio Maggiore in via Duomo, all’angolo con il quartiere Forcella dove c’è stata la benedizione degli oli e da dove è partita la processione diretta in Cattedrale, Di Donna ha infatti invocato «il patrocinio di Gennaro, vescovo e martire, unico riferimento nella fede di tutta la Campania», perché rafforzi il «vincolo di comunione con la Chiesa madre e sorella di Napoli» nell’«unità delle Chiese» e aiuti le nostre città ad essere «a misura d’uomo» e vivere il «pellegrinaggio terreno in pace» assicurare «benessere» alle «popolazioni» delle «nostre terre»; Di Donna ha chiarito che l’esempio del «patrono della regione Gennaro», soprattutto «nella sua verità storica di testimone e martire della fede», deve guidare le nostre «famiglie», le «parrocchie» e le «comunità», e rafforzare l’impegno per il «bene comune» e la «salvaguardia del creato» affinché il Signore regni nelle «nostre vite» e nelle «nostre città» guidate nel pellegrinaggio dai sindaci dei sei comuni della diocesi. L’unità nel sangue dei martiriAnche nella Cattedrale, alla presenza del cardinale Crescenzio Sepe che presiedeva i Vespri solenni della vigilia della festa, Di Donna ha di nuovo invocato «i vincoli tra le Chiese» nel «comune patrocinio» di san Gennaro e di altri santi – Alfonso Maria de’ Liguori, patrono della diocesi di Acerra ma anche «il più santo tra i napoletani» e «il più napoletano dei santi» – e martiri della regione – tra cui Cuono e Figlio, patroni di Acerra – nel cui «sangue» si specchia l’unità della Campania, perché «niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore di Cristo».  

  

La comunità ecclesiale e civile sotto la protezione dell’unico padre nella fede GennaroMa la comunione ecclesiale ha notevoli «ricadute anche nell’ambito civile e sociale» simboleggiata dalla «presenza dei sindaci», ha proseguito monsignor Di Donna richiamando «l’interdipendenza tra le città nel rispetto delle identità locali» e la necessità di mettere «le risorse in comunione per affrontare i problemi della Regione e dell’Italia». Rimodulare il patrocinioPer il vescovo di Acerra, è necessario in questo momento particolare della nostra storia «rimodulare il patrocinio» del santo. Se prima infatti si invocava la protezione di san Gennaro per «calamità naturali, peste ed eruzioni», oggi secondo monsignor Di Donna dobbiamo chiedere aiuto al patrono di Napoli e della regione contro «i mali prodotti dalla mano malvagia e corrotta dell’uomo e dal suo cuore inaridito». E quali sono questi mali? La «corruzione» che dilaga e un’economia che «uccide» la speranza di tanti giovani esclusi dal mercato del lavoro; e nel caso di Acerra, territorio a nord di Napoli «impropriamente» chiamato terra dei fuochi, il «dramma umanitario» dell’«inquinamento delle nostre terre» le cui conseguenze – le sofferenze immani delle giovani vittime (Davide, Tonia, Enza, Maria, Marika, Pasquale, Marco, Aniello, Tina e ultimi in ordine di tempo, Claudio, adolescente di Santa Maria a Vico, e Carmen, morta di tumore al cervello a soli cinque mesi a Pezzalunga, frazione di Acerra) dei «nuovi erodi» del nostro tempo (quelli che avvelenano senza scrupoli le terre per fame di denaro) – investono il «pastore» di una terra martoriata. L’aumento dei tumori dell’infanzia preoccupa non poca monsignor Di Donna e l’intera comunità ecclesiale e civile, nonostante l’informazione tenda a «rassicurare» o addirittura «negare» facendoci credere che tutto sia «normale» e che il dramma ambientale sia il «prezzo» da pagare al progresso. Altro che «stili di vita», ha ammonito ancora il presule – con particolare riferimento a Carmen, la bambina morta in questi giorni a soli cinque mesi – parlando di «mutazione genetica», fino a denunciare un «accanimento» contro Acerra, destinata a diventare «polo dell’immondizia e dei rifiuti pericolosi» e sacrificata come «città scarto» in base ad un «disegno preciso» che si fa sempre più «chiaro». A tal proposito il presule ha ricordato l’intenzione da parte di organi sovracomunali di portare nei pressi dell’inceneritore altri due impianti di trattamento dei rifiuti pericolosi, «nonostante una sentenza della magistratura di disastro ambientale ad Acerra», senza che sia stata avviata nemmeno l’ombra di una «bonifica» seria, e nonostante una «moratoria» dello stesso comune contro l’arrivo ad Acerra di impianti ad alto impatto ambientale. Perciò l’affondo ad «istituzioni sorde e ciniche» che «non tengono conto delle attese e della sofferenza della gente» ignorando quel «principio di precauzione», che prevede «informazioni sui rischi» e «coinvolgimento dei cittadini attraverso azioni di controllo», richiamato dallo stesso Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’  sulla cura della Casa Comune, vera e propria «nuova opera di misericordia».   E dunque, ancora una volta, l’amara constatazione che si tratta della sfida impari tra «Davide e Golia», e il chiarimento che questa «non è una battaglia spinta da motivazioni esclusivamente sociali ma di fede e pastorali». La perdita del «senso della sacralità del mondo e della terra» e la «rottura del rapporto con Dio, e quindi con gli uomini e il creato», sono infatti alla base del disastro in cui rischiamo di precipitare e la Chiesa è chiamata in questo nostro tempo a «farsi voce dei senza voce» perché la questione ambientale sarà in futuro sempre più emergente e «prioritaria» per tutti. Sangue e speranzaInfine, nell’implorare ancora una volta il «patrocinio» di san Gennaro «per questa nostra terra bella e crudele», e ricordando il primo messaggio del Cardinale Sepe per la festa di san Gennaro del 2006, monsignor Di Donna ha richiamato «il sangue e la speranza», che rappresentano «l’identità più profonda della nostra storia millenaria», con l’auspicio che «dall’effusione del sangue» si «rafforzi la speranza che abita in noi e che nessuna potenza potrà mai sradicare dal nostro cuore».